Nella puntata del mio podcast Kaplan - Terapia Sessuale Illustrata del 6 maggio 2020, ebbi l’idea di trattare una sostanziale disambiguazione che riguarda il mondo della sessuologia, ma che spesso, ancora oggi, tende ad essere dimenticata. Sto parlando della fondamentale distanza tra masturbazione e self-love.
Se Allen nella sua celebre frase “Non condannate la masturbazione. È fare del sesso con qualcuno che stimate veramente!” dichiarava che la masturbazione era amore per sé stessi, oggi, alla luce dei recenti studi scientifici, sappiamo che non è per forza così, o meglio sappiamo che esistono diverse forme di auto-amore e che la masturbazione può rientrare solo in una di queste.
Le basi fisiologiche dell’auto-amore
Ci sono ampi studi su come l’auto-amore coinvolga una vasta gamma di processi neurali che ancora non sono completamente compresi. Per adesso, possiamo affermare che l’auto-amore può essere associato all’aumento dei neurotrasmettitori “positivi” nel cervello, come la dopamina, l’ossitocina e la serotonina. Questi neurotrasmettitori sono responsabili delle sensazioni di felicità, soddisfazione e benessere emotivo. Vi è inoltre coinvolto il sistema di ricompensa, infatti, il circuito della dopamina, gioca un ruolo chiave nell’auto-amore poiché, quando ci prendiamo cura di noi stessi e soddisfiamo i nostri bisogni, il sistema di ricompensa viene attivato, rilasciando dopamina e creando una sensazione di gratificazione e piacere. A riguardo è necessario menzionare il ruolo svolto dall’amigdala, una regione cerebrale coinvolta nella gestione delle emozioni. Infatti, praticare l’auto-amore può ridurre l’attivazione dell’amigdala rispetto alle situazioni stressanti o negative, contribuendo a una maggiore stabilità emotiva e a una migliore gestione dello stress. È dimostrato, inoltre, che situazioni di self-care attivano la corteccia prefrontale, ovvero l’area che è coinvolta nella riflessione, nel giudizio e nella presa di decisioni, consentendo una valutazione obiettiva di se stessi e delle proprie azioni e una maggiore capacità di autoregolazione. Quest’ultima può influenzare inoltre la plasticità cerebrale, favorendo la formazione di nuove connessioni neuronali e la ristrutturazione dei circuiti neurali coinvolti nella percezione di sé stessi e nel benessere emotivo.
Un approccio integrato all’auto-amore
A studiare i sistemi complessi coinvolti con le esperienze di self-care è la Psiconeuroendocrinoimmunologia, o più semplicemente PNEI, la disciplina che osserva le relazioni bidirezionali tra psiche e sistemi biologici. Quest’ultima si è occupata largamente anche dell’impatto dei fattori stressanti sulla vita quotidiana e anche in questo ambito si è osservato come praticare l’auto-amore può influenzare i sistemi di stress e la regolazione emotiva nel cervello riducendo l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, e promuovere una regolazione emotiva più efficace. Insomma, sembrerebbe esserci di fatto chiaro che la cura verso sé stessi può avere enormi benefici sulla vita di chiunque, ma quest’ultima non nasconde anche dei rischi.
I rischi dell’auto-amore
Un eccesso di self-love può trasformarsi in narcisismo, a causa del quale una persona sviluppa un’eccessiva preoccupazione per sé stessa, tendendo a ignorare o sminuire gli altri. Concentrarsi troppo su sé stessi può portare a trascurare le responsabilità personali, come il lavoro, le relazioni o gli impegni familiari. L’auto-amore dovrebbe includere anche l’assunzione di responsabilità per il proprio benessere e il rispetto degli altri. Un’eccessiva enfasi sull’auto-amore potrebbe portare a una mentalità di autoindulgenza, a causa della quale si cerca costantemente il piacere immediato senza considerare le conseguenze a lungo termine. L’autodisciplina è importante per mantenere uno stile di vita equilibrato e sano. Inoltre, un atteggiamento di auto-amore può comportare il rischio di rimanere nella propria zona di comfort e resistere al cambiamento. La crescita personale richiede spesso sforzo, sfide e auto-riflessione.
I “rischi” della masturbazione
Inoltre ci sono alcune considerazioni da tenere presente specificamente per quanto riguarda la masturbazione. Quest’ultima può diventare un comportamento compulsivo o ossessivo, interferendo con le attività quotidiane, le relazioni e la qualità della vita. In casi estremi, la dipendenza dalla masturbazione può essere associata a problemi di autostima, ansia o depressione. In questi casi sono noti i casi in letteratura che evidenziano come può influire con la sessualità all’interno delle relazioni - in positivo ed in negativo si intende - agendo sulla comunicazione e sulla sessualità relazionale. È importante trovare un equilibrio che soddisfi i bisogni individuali e quelli della relazione. In alcuni casi, la TMS (Traumatic Masturbation Syndrome, ovvero sindrome masturbatoria traumatica) può causare irritazione o lesioni ai genitali, specialmente se viene utilizzata una pressione eccessiva o oggetti inappropriati. È importante praticare la masturbazione in modo sicuro, evitando di causare danni fisici. Specialmente in questi casi, ma non solo, possono insorgere sentimenti di colpa, vergogna o ansia a causa di convinzioni culturali o religiose. È importante ricordare che la masturbazione è una pratica sessuale normale e privata, e ogni individuo ha il diritto di decidere come gestirla. Come per qualsiasi aspetto della sessualità, è importante sviluppare una consapevolezza e una comprensione personali delle proprie esigenze e limiti tenendo presente che sia per la masturbazione maschile che femminile non esiste un limite scientificamente definito del numero delle esperienze masturbatorie ritenute “sane”, bensì sono l’esperienza soggettiva e la propria consapevolezza l’unica “bussola” da seguire.
Conclusioni
Alla luce di quanto detto, risulta più complesso discriminare ciò che è buono e ciò che potenzialmente potrebbe non essere l’unica via da seguire, ma parrebbe restare sempre e comunque la capacità di volersi bene. Vi lascio pertanto una lista di attività e attitudini per farlo:
Insomma siamo ben lontani dal mito biblico di Onan, figlio di Giuda, dal quale deriva il termine Onanismo e che, per quanto ne sappiamo, non si è mai masturbato. Quest’ultimo infatti venne ucciso da Dio poiché praticava più che altro quello che oggi chiameremmo “coitus interruptus”.
Ma questa è un’altra storia…